Natale 2023
di Nicola Belcari - mercoledì 27 dicembre 2023 ore 08:00
“Non ho voglia di tuffarmi in un gomitolo di strade/ Ho tanta stanchezza sulle spalle/ Lasciatemi così come una cosa posata in un angolo e dimenticata/ Qua non si sente altro che il caldo buono/ Sto con le quattro capriole di fumo del focolare” (Trascrizione con la divisione in strofe, senza rispettare il verso, della poesia “Natale” di Giuseppe Ungaretti del 26-12-1916, tempo di guerra)
Quella di Gesù è la Natività, la nascita che le rappresenta tutte (si commemora con una festa popolare assai sentita e si esprime nell’“attenzione” verso le persone care con i doni): eppure ciò che egli predicava è negato e tradito in modo sistematico, da tutti, da chi comanda e da chi subisce, dagli altri e da me medesimo. Questo Natale 2023 poi si festeggia con la guerra in Terrasanta, dove è nato: è il “regalo” di chi decide le sorti dei popoli. Non è nemmeno casuale che Gesù fosse la vittima predestinata oltre che della cattiveria umana, soprattutto del cinismo e della ferocia del potere. È l’Innocente, il Giusto, il Buono che il potere (politico e religioso, alleati) sopprime per conservarsi.
Elio Vittorini dopo la guerra si chiedeva come fosse possibile che delitti efferati ed esecrabili fossero stati compiuti nonostante millenni di cultura e duemila anni di cristianesimo, condannati dalla filosofia, dalla religione, dalla letteratura. Si rispondeva che la cultura non aveva saputo impedire quegli orribili delitti perché non si traduce in “vita”. La “cultura”, scriveva, non è “società”, non ha impedito né scongiurato orrende violenze perché è solo consolatrice.
Niente di nuovo avviene sotto il sole (Ecclesiaste 1, 9). I mercanti nel tempio la fanno da padroni. Il male trionfa. “Cesare” vuole la moneta col proprio ritratto. E per quella non esita a ricorrere persino a guerre, sfruttamento e distruzioni. L’ordine sociale di fronte ai misfatti e alle disgrazie piange lacrime di coccodrillo, si lamenta di arretratezza e disumanità nel mentre diseduca con le armi di cui dispone. La televisione, a fianco del focolare, nel cuore della casa, provvede al compito di formare lo spirito del gregge. Non penso dunque sono.
Due schieramenti politici, guelfi e ghibellini, si alternano al potere, facendo cose simili, commettendo gli stessi errori che si rinfacciano a turno con fondamento e ragione, così che l’unica discolpa è l’accusa degli altri. Sono i partiti del panettone e del pandoro (tradizionalisti e innovatori) quando prevalgono le fazioni del “magna-magna”. L’opposizione è violenta a parole, mai incide nei fatti o è un vero intralcio agli affari, ai lavori in corso. L’ingenuo (finto?) rimpiange quando si fronteggiavano da avversari e non da nemici, perciò capaci di un reciproco riconoscimento. Si sono alzati i toni, non la sostanza, e il terreno comune è fin troppo. L’amore del prossimo non è da confondere con la connivenza o la complicità.
Guardatevi dai falsi profeti… Dai loro frutti li riconoscerete (Matteo 7, 15-16) (guerre, epidemie, devastazioni, corruzione, sopraffazione, ingiustizie,).
Nicola Belcari