Metti una sera a cena... da Maroccolo a De Andrè
di Fausto Pirìto - lunedì 01 dicembre 2014 ore 08:52
Dalla fine degli Anni '80 a oggi, la mia vita professionale e “familiare” si è intrecciata profondamente con quella de I Nomadi del mai dimenticato Augusto Daolio e di Beppe Carletti. Di loro vi parlerò tra un paio di settimane, visto che il 20 dicembre si esibiranno al Nuovo Teatro Verdi nella serata conclusiva del "JIMBO Montecatini Festival DUEMILA14".
Stavolta cercherò invece di rispondere a un paio di domande che mi vengono rivolte spesso, come è successo anche sabato 29 novembre dopo l'incontro con Gianni Maroccolo al circolo S.O.M.S. di Palaia. Incontro molto positivo, con tanta gente ad ascoltare per oltre un'ora e in “religioso silenzio” le parole di uno degli artisti più rappresentativi della scena rock (e non solo) di matrice toscana. Nella foto, scattata da Giuseppe Lo Bartolo, vi propongo un momento della serata: Gianni e io che sfogliamo divertiti una copia di “Tutto Musica & Spettacolo” del 2001, che un'amica ci ha portato per farci rileggere un articolo che avevo scritto sui PGR, l'ultima band di Maroccolo con Giovanni Lindo Ferretti...
La prima domanda è questa: avendo frequentato e intervistato una miriade di artisti in più di trent'anni di giornalismo musicale, quali sono gli aneddoti indimenticabili?
Be', i ricordi sono naturalmente tanti, al 99% belli e gratificanti. Allora, ne scelgo uno per tutti. Io non ho mai intervistato Fabrizio De André, per pudore e timore reverenziale. A “Tutto Musica & Spettacolo” c'era Peppo Delconte, giornalista e critico molto più navigato di me. Così, quando si doveva fare un servizio con De André, lasciavo a lui l'onere e l'onore. Io, però, ero sempre presente alle conferenze stampa di Fabrizio e, non so come, ero entrato nelle sue simpatie tanto che, al momento del pranzo o della cena, mi voleva di fronte a lui. Probabilmente, con me il “Maestro” si sentiva tranquillo, non lo avrei mai importunato con scontate e noiose domande di lavoro... In più, Fabrizio sapeva della mia amicizia con suo figlio Cristiano, che conoscevo dall'epoca della band Tempi Duri (metà Anni '80). Una sera, seduti a tavola, raccontai a Fabrizio di aver acquistato da poco un cascinale sulle colline pisane (siamo agli inizi degli Anni '90). Lui si dimostrò molto interessato a questo argomento, ne volle sapere di più e alla fine mi consigliò di piantare, in fondo al giardino, fiori bianchi a non finire affinché, anche durante le notti senza luna, se ne scorgesse la profondità. Questo spiazzo della mia terra, ogni volta che ci torno, mi rimanda a Fabrizio e nelle notti senza luna me lo rivedo accanto, con il suo perenne sorriso sarcastico stampato sulla bocca, quasi una smorfia di pietà (o disgusto?) verso la futilità delle cose umane... Sempre in quella occasione, De André mi disse che Cristiano era il più sofisticato musicista che lui avesse mai incontrato, e non perché era suo figlio. “Pensa”, mi confidò quella sera, “già da piccolissimo riconosceva anche le sfumature più sottili delle 7 note. Un giorno me ne sono accorto perché, battendo un cucchiaio su una bottiglia, lui era capace di distinguere diesis e bemolle man mano che il vino diminuiva nella bottiglia stessa... dalla quale io bevevo un bicchiere dopo l'altro...”. Che dire? Un padre così non è davvero cosa da tutti, no?
L'altra domanda ricorrente riguarda i dischi di cui non potrei fare a meno.
Qui la cosa diventa difficile... Una classifica, questa, quasi impossibile da stilare per chi, come me, ama la musica a 360 gradi. Allora, per gioco, ecco il mio elenco (senza graduatoria) dei 10 artisti italiani e dei 10 i stranieri (con, fra parentesi, il titolo di una canzone o di un album di riferimento) che più hanno segnato il mio percorso di vita.
Italiani: Fabrizio De André (“Crêuza de mä”), Franco Battiato (“L'ombra della luce”), Francesco Guccini (“Metropolis”), Alice (“Park Hotel”), C.S.I. (“In Quiete”), I Nomadi (“Dio è morto”), Francesco De Gregori (“Rimmel”), Mina (l'opera omnia), Edoardo Bennato (“Sono solo canzonette”), Vasco Rossi (“Va bene, va bene così”).
Stranieri: Led Zeppelin (“Stairway to Heaven”), Doors (“Light my Fire”), Grace Slick dei Jefferson Airplaine (“Manhole”), Pink Floyd (“Dark Side of the Moon”), Jimi Hendrix (“Foxy Lady”), Genesis (“Selling England by the Pound”), Talking Heads (“The Name of this Band...”, doppio live del 1982), Carlos Santana (“Caravanserai”), CSN&Y (“4 Way Street”), Janis Joplin (“Summertime”).
Ora vi lascio, anticipandovi l'argomento del prossimo appuntamento con questo Blog: parlerò di 2 chitarristi stratosferici, molto diversi l'uno dall'altro, ma legati dalla comune esperienza concertistica e su disco con “il Blasco”: Andrea Braido e Stef Burns, che ho avuto il piacere di incontrare proprio a due passi da casa, ai concerti che entrambi hanno tenuto al Blitz - Live Music Pub di Vicopisano (Pisa).
Un'ultima segnalazione: non perdetevi la festa di sabato 6 dicembre al S.O.M.S. di Palaia: un omaggio al rock psichedelico degli Anni Sessanta e Settanta e ai suoi protagonisti. Per approfondimenti, cliccate sulla locandina che trovate nella home page di Qui News Valdera oppure leggete l'articolo nella Sezione Spettacoli.
Buona Musica a tutti!
Fausto Pirìto
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